Per il recupero degli uliveti abbandonati 1/2



Pubblichiamo in due parti l'intervento di Rino Vaccaro.

La proposta di intervento che viene presentata in questa nota si inserisce nel progetto più ampio di recupero degli uliveti abbandonati promosso a Rapallo  (vedi Aps In Te Fasce) e si ricollega alle tematiche affrontate dal III Convegno Mondiale  dei Paesaggi Terrazzati.

Il concetto di paesaggio dovrebbe rifuggire da visuali estetizzanti perché l’uomo che guarda astraendosi dalla storia del paesaggio agrario rischia di esprimere una finzione per nascondere e non comprendere il vero rapporto uomo-natura. L’uomo interviene da secoli con la trasformazione del suolo agricolo, sottratto alla foresta e al bosco selvatico anch’esso trasformato in bosco produttivo  (ad esempio, nel castagneto con innesti che modificano il prodotto).



Anche le case agricole, le strade e quant’altro sono una trasformazione antropica del paesaggio originario che risale a epoche geologiche lontane ... ma da quando l’uomo è intervenuto per regimare le acque e per costruire terrazzamenti  non può più abbandonarli, pena un degrado irreversibile ed è proprio quello che succede in questo tempo con l’abbandono delle campagne che prosegue da alcuni decenni e la polarizzazione verso le città e le metropoli. Va notato che, nella alterazione e trasformazione del territorio, per molti secoli le modifiche sono state molto lente: il paesaggio agrario
toscano del quattrocento non è molto diverso da quello ottocentesco. La grande devastazione, anche rispetto agli  assetti precedenti, avviene nel secolo scorso, tra le due guerre e, in particolare, dopo
la seconda. Va analizzato il rapporto storico–geografico tra coltivo e selvatico e le modifiche subite  nel tempo remoto e recente.

La meccanizzazione e la diffusone della chimica in agricoltura  ha determinato una diffusa aridità della terra sempre più bisognosa di apporti idrici crescenti, mentre il mantenimento della
fertilità della terra, come è noto, risulta strategico. Vi è poi la perdita di permeabilità dei suoli rispetto alla copertura dilagante dei terreni per edilizia e infrastrutture che divorano terre per una urbanizzazione incontrollata (anche inutile come i capannoni per una industria inesistente e che hanno cancellato prati, siepi e ruscelli, etc.).
           
Anche l’innesto nel secolo scorso e le manipolazioni genetiche in questo  fatalmente incidono sulla biodiversità: infatti, le specie originarie di mele, peri, ciliegi, etc. sono quasi scomparsi per il privilegio alla produttività ... e si affacciano nuovi ibridi, nuovi prodotti di contaminazione genetica (vedi ogm) e modifiche dna di vegetali e animali che sembravano impensabili.

Il quadro è quello delineato, ma per ritornare al punto dei muretti a secco, la premessa riguarda la inderogabile necessità di interventi per contrastare l’abbandono delle fasce collinari, pena un degrado irreversibile con costi noti e crescenti dopo le frane alluvionali, gli smottamenti dei muretti a secco, il degrado delle antiche crose, la diffusione di rovi, ligustri, acanto e altre essenze che soffocano l’ulivo, spesso esca per incendi in periodi di siccità.

Le finalità del recupero sono quindi:
1- il consolidamento del territorio con riferimento all’assetto idrogeologico alterato negli anni;
2- il recupero produttivo di un prodotto di qualità quale l’olio di oliva e prodotti ortivi compatibili anche per appezzamenti di piccole dimensioni;
3- la tutela paesistica e della biodiversità (con valenza anche turistica).

Quali sono i soggetti e le risorse disponibili per un’impresa ciclopica come quella sopra delineata?
Fino ad oggi  è stata negata l’identità dei luoghi con una edilizia incontrollata, pesi insediativi insostenibili sulla viabilità urbana, caos e inquinamento. Il ciclo delle acque: dalla distribuzione
dell’acqua dolce potabile per finalità incongrue (piscine, campi golf, porti turistici etc.) ... tutto  a scapito dell’agricoltura  persino introducendo divieti di irrigazione in periodi di siccità con la
distruzione dell’ittiofauna dei torrenti. Non esiste una mappa delle risorse idriche: pozzi, sorgive acque di subalveo così come non esiste una mappa dei sentieri di antico impianto compresi  quelli
interpoderali  spesso preclusi da scelte private, con alterazioni irreversibili della accessibilità ai fondi.
La crescita urbana  non ha  tenuto conto dell’equilibrio di risorse rare come la fertilità della terra ad esempio e il discorso potrebbe continuare; per questo rimando alla ricca documentazione del convegno internazionale sui paesaggi terrazzati che vede la Liguria tra le regioni più ricche e fragili del nostro paese.

L’unica misura parzialmente finanziata  da contributi regionali e CEE è quella relativa ai muretti a secco, ma come è noto da un anno c’è un ritardo inspiegabile (con ridicoli e pretestuosi problemi
informatici!) con il risultato che il contadino che cura l’uliveto ha provveduto, dopo le alluvioni, al ripristino dei muretti a secco a sue spese e solo quelli che hanno gli uliveti abbandonati potrebbero
rifare i muri ma non lo faranno proprio per la scelta di abbandono e l’impegno di ripristino culturale  per molti insostenibile. Purtroppo si deve fare riferimento alla buona volontà dei singoli proprietari di uliveti, considerando aleatori eventuali aiuti pubblici.

L’ipotesi di trovare mano d’opera qualificata che, in forma diretta o cooperativa, sia disponibile ad accettare un comodato d’uso gratuito deve fare i conti con i costi reali, molto alti che oggi ricadono sul proprietario dei  fondi, a volte marginali con difficoltà di accesso e forte acclività. Quali sono questi costi? Li elenco senza impegnarmi in una dettagliata quantificazione degli stessi, anche se una gestione economica dell’azienda agricola anche piccola è imprescindibile ad ogni progetto di recupero:
1-diserbo manuale o meccanico;
2-scalzamento del ceppo da edera e polloni;
3-espianto delle ceppaie secche;
4-piccola concimazione e irrigazione;
5-potatura (con annessa sramatura e  frantumazione verde);
6-trattamenti fitosanitari non tossici; costi del prodotto –(caolino, trappole a feromoni o altro) e loro impiego manuale;
7-disponibilità di decespugliatori, motozappe, motoseghe e quanto altro necessario; loro manutenzione e consumi;
8-sistemazione e rimozione delle reti per la raccolta  con bacchiatura o per caduta
 (le olive sane o parzialmente intaccate dalla mosca olearia, raccolte
verdi precoci o raccolte mature  e ricche di olio  corrispondono a scelte culturali diverse);
9-costo del frantoio e  valutazione del prezzo dell’olio, quando non per autoconsumo.

Una analisi dei costi aziendali che non comprende il valore in sé di un antico uliveto come avviene nell’ipotesi di un privato e/o di una cooperativa che acquisisce l’uliveto in comodato d’uso a tempo
indeterminato con la garanzia di non  dover lasciare il terreno prima della raccolta del prodotto (la stagione olivicola o il ciclo delle essenze ortive etc.). Gli investimenti in lavoro o per gli strumenti della coltivazione vanno rapportati alla resa produttiva attesa che non ha sempre cadenza
stagionale o annuale: ad esempio, in caso di potatura radicale la ripresa vegetativa può avvenire anche dopo alcuni anni!

(segue)

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