Biodigestore di Saliceti: perché ci riguarda


Il piano regionale dei rifiuti prevede - nell'ottica dell'economia circolare - la realizzazione di tre impianti anaerobici in grado di trattare le sostanze organiche residue trasformandole in compost e in biogas. In base al fabbisogno regionale stimato in 180mila tonnellate di organico all'anno ciascun impianto svilupperà la capacità di smaltire 60mila tonnellate.

I tre impianti sono localizzati a Vado Ligure (Sv), Scarpino e Vezzano Ligure in località Saliceti, ai quali vi è da aggiungere il biodigestore inaugurato nel 2016 in Val Bormida a Cairo Montenotte (Sv). 

Con un investimento di circa 50 milioni di euro, la società Iren prevede di realizzare in tre anni di lavori la costruzione del biodigestore di Saliceti suscitando la contrarietà dei cittadini che hanno promosso la costituzione di numerosi comitati. Destano, in particolare, preoccupazione il rischio di inquinamento delle falde acquifere e la vicinanza del sito con il fiume Magra, il rilascio di emissioni atmosferiche maleodoranti, il previsto incremento di traffico di camion e delle povere fini ed ultrafini. Vengono evidenziati anche rischi derivanti da carenze di manutenzione dell'impianto con conseguenti incidenti che graverebbero su un territorio già fortemente vulnerabile. Vi sono anche dubbi sulla qualità dell'ammendante comportato misto ottenuto dalla lavorazione del digestato che un recente decreto equipara ai concimi chimici.

L'impianto di Saliceti riceverà anche la frazione umida prodotta nel comprensorio del Tigullio che si aggiungono alle 30mila tonnellate prodotte nella provincia spezzina. La sola città di Chiavari produce circa 3500 tonnellate di "umido" e scarto verde all'anno, circa 90 kg per abitante. L'ampiezza degli impianti riduce la spesa tariffaria e ne aumenta i rischi collegati. Analogo discorso, all'incontrario, per la gestione di digestori con capacità ridotte. Nella fattispecie i comuni dello spezzino godrebbero di un bonus di circa 300mila euro l'anno per ospitare i rifiuti extraspezzini (ricavato dall'abbassamento della spesa tariffaria dati i grossi volumi da smaltire): circa 2 euro per abitante. Vale la pena mettere a rischio la salute ambientale e dei cittadini? 

Una via percorribile non potrebbe, invece, risiedere nell'incentivazione del compostaggio domestico e di prossimità combinata alla realizzazione di impianti meno impattanti?

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