Biciplan di Chiavari: tra piagnoni e arrabbiati

 


Se nella Firenze del XV secolo la contesa vedeva protagonisti piagnoni e arrabbiati, poco sembra essere cambiato nella Chiavari nel nuovo millennio.

Possibile che il dibattito sulla ciclabilità di un contesto urbano come quello della città di Chiavari debba fondarsi sui piagnistei per la dolorosa perdita dello stallo sotto casa - pare - riservato alla propria automobile (o alle proprie automobili!) alternati a salaci invettive e, persino, a quei formidabili highlights proposti sotto forma di minacce (?) riferite alla generalità dei ciclisti urbani, dal tono, "li metto sotto"? Non può mancare, poi, la sacra categoria dei veggenti capaci di predire scenari apocalittici nel preannunciare stragi di bambini e di innocenti impietosamente falciati da mefistofeliche pedivelle infuocate e ruote-lame-rotanti di mazingazetiana memoria.

Insopportabili sono, poi, le (sembra) doverose "premesse" di taluni politici e consiglieri comunali che esprimono lietezza e condivisione plaudendo alla neonata mobilità ecologica - solo a livello concettuale, viene da pensare - per poi perdersi in labirintiche strategie da consumati politicanti à la prima Repubblica. Anche essi - schiavi dei like - sono consumati dalla ardente passione politica ferragostana ... un incedere dialettico sommamente inconcludente (se non per un personale tornaconto elettorale?) e privo di proposte alternative.

Ben venga, invece, un cahier de doleances sul quale annotare le non poche criticità che un'opera complessa come quella del disegnare una rete ciclabile urbana necessariamente porta con sé. Del resto, l'amministrazione comunale paga lo scotto di aver fatto calare dall'alto un biciplan prêt-à-porter, senza considerare e "prendere le misure" alla propria cittadinanza. Una strategia decisionale forse efficiente, ma, evidentemente, non altrettanto efficace. Trattasi di stitichezza democratica?

Perché non promuovere l'avvio di percorsi decisionali inclusivi in grado di trarre linfa dalle diverse prospettive e dai differenti bisogni che esprime la cittadinanza? Oppure la preferenza cade sul modello piagnoni/arrabbiati?


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